L'accettazione

Fabrizio Cotognini, l'accettazione, 2010, cm 210 x 90, organic media on paper, courtesy of the artist and Prometeogallery


Questo lavoro si esprime usando supporti di base e sovrapposizioni di carte giapponesi e nepalesi ed altre tipologie di fogli orientali che rendono molto bene la trasparenza. E proprio la trasparenza ambigua è una delle chiavi di lettura di questo lavoro: osservandolo si scoprono particolari nascosti, scritte o frasi che sono alla base del mio lavoro. Infatti si concepisce un passaggio temporale scandito materialmente da diverse sovrapposizioni di strati di carte rimettendo in tal modo sempre in discussione ciò che c’è di disegnato o scritto nel livello sottostante. Alla base di questa ricerca ci sono immagini e icone dell'arte classica che spesso sono presupposto e fondamento dell’opera. Usando frammenti antichi reinterpretandoli,
contaminandoli e modificandoli per raggiungere ed aggiungere alla memoria segni e simboli del mio immaginario, e di un immaginario collettivo appartenenti alla vita,e alla storia cercando di arrivare così alla mappatura di nuova figurazione contemporanea. Spesso le immagini sono trattate fino a scomparire, inghiottite dal lavoro, coperte, usurpate, deturpate e in questa masticazione concettuale la creazione prende il sopravvento. in questo lavoro viene utilizzata molto la scrittura sia come corpo descrittivo sia come corpo strutturale: la scrittura diventa segno, il segno diventa corpo. Il corpo è un altro tema centrale della mia poetica. La carta è infatti trattata come fosse carne, una carnalità prima incontaminata, poi invasa dalla scrittura fino a farsi sempre più veicolo di sedimentazioni, memoria, ricordi svelati tra visibile e invisibile. In questo lavoro compaiono oltre alle icone sacre, riprese dalla natività e rinterpretate, anche una serie di insetti che posti all'interno della mappa si trasformano immediatamente in metafore. Metafore religiose e culturali,simbolo di mutazione ed allo stesso tempo di repulsione.
In questo trittico viene mappata così una nuova storia dell'iconografia dell'annunciazione con i suoi canoni classici mediante il segno e la metafore.L'annunciazione non come gesto, ma come accettazione indiscussa e spontanea.
Associata alla metafora della piaga mediante una ricerca iconografica del regno animale. Quindi si rimette in discussione proprio la spontaneetà, che diventa in certo qual modo territorio di ambiguità.